RICORDI DELLA MIA INFANZIA

Le masserie, con i tetti a due spioventi e le mura tutte bianche, perché pitturate con latte di calce, le lunghe file di trulli a schiera in cui si custodivano animali e derrate per bestie e uomini, il gran trullo che conteneva la paglia che era stata calata e ammassata dalla vetta del cono, dopo aver sollevato un’ampia lastra di pietra che fungeva da chiusura superiore del vano, la grand'aia di pietra su cui si praticava la trebbiatura dei cereali e delle leguminose, le tante fogge per la raccolta dell’acqua piovana, i giardini circondati da elevati muri a secco, in cui si coltivavano alberi da frutta e ortaggi, sono, in buona parte, un ricordo vivo della mia infanzia, quando mi muovevo alla scoperta del territorio nocese.
Percorrevo in bicicletta lunghi tratti di strada bianca di polvere, prodotta dalle ruote di copiosi carri agricoli e calessi trainati da baldanzosi cavalli e sopraggiungevo, a tratti, a colonne di pietra che interrompevano i muri a secco, costruiti per delimitare il tracciato stradale e per disegnare i campi o chiusure in cui far pascolare gli animali domestici. Tra ogni coppia di colonne un cancello metallico chiudeva un sentiero in terra battuta, solcato dalle pesanti ruote dei carri, che conduceva al nucleo masserizio.
Continuando il mio vagare raggiungevo, poi, l’ombra di secolari alberi di querce che si affacciavano sulla strada, quasi a volerla riservare dalle intemperie, e ivi sostavo per alcuni minuti.
Era bello osservare il paesaggio naturale, le vaste distese del bosco che si perdevano a vista d’occhio per pendii e dirupi, i campi di grano, indorato dai caldi raggi del sole, nel mese di giugno, gustare gli odori dei fiori campestri, assaporare i primi frutti di stagione, dal gusto intenso, amabile. Nell’andare, ogni tanto, i lunghi rovi che dominavano sulla strada mi graffiavano le gambe scoperte. Io, incurante, spensierato, continuavo ad andare per quella natura che amavo, nell’avanzare della vita.
Sulla via m’imbattevo in una serpe dal colore nero lucente che, con un movimento a zig zag, nella polvere, stava cercando di attraversare la strada per sparire tra le pietre del muro a secco. Io frenavo bruscamente e osservavo il solchetto lasciato dalla serpe sulla polvere. Poi il mio sguardo si spostava verso i muri a secco, dove le lucertole si muovevano tra i meandri dell’alta erba, alla ricerca d’insetti di cui cibarsi.
All’improvviso il mio osservare era interrotto dallo scalpitio di un cavallo che, comparso da una curva, davanti al mio andare, muoveva velocemente un calesse. Il conducente, operando con le redini, sollecitava il cavallo a rallentare la corsa e a costeggiare alla propria destra della strada, per permettermi di andare oltre. Poi, ricalcitrante, riprendeva la sua corsa e scompariva in fondo alla strada.
Attraverso l’osservazione dell’ambiente, giorno dopo giorno, continuava il viaggio della mia infanzia spensierata.
All’imbrunire, seduto sopra una panca di pietra, accanto ad un anziano dalla barba incolta e tutta incanutita, mio vicino della casa campagnola, guardavo all’orizzonte l’avvicinarsi delle tenebre, mentre l’ascoltavo nel suo raccontare storie del proprio vissuto. Il suo calmo dire, la serenità d’animo e l’impegno che mostrava nell’esporre i fatti mi sospingevano a prestare attenzione a quello che diceva.
Chiaramente un vissuto d’altri tempi, quando bastava poco per raggiungere la serenità d’animo e l’equilibrio a essere uomini.

Masseria di pietra a tetti spioventi.

Serie di trulli per vario impiego.

I trulli con il cono mozzato erano utilizzari per il deposito della paglia e del fieno: alimenti per animali.

Trulli utilizzati come deposito di attrezzi e macchine agricole.

Trulli utilizzati per il ricovero degli animali.

Aia per la trebbiatura dei cereali e delle leguminose.

Grande cisterna per la raccolta dell'acqua piovana.

Chiusura delimitata da un elevato muro a secco.