I CAMINETTI RURALI

IL FOCOLARE Le masserie sono i segni più caratteristici della nostra campagna perché testimoniano una tradizione di tipo contadino legata al lavoro della terra.
Alla masseria, intesa in passato come casa fortificata e autonoma per chi l’abitava, si accedeva attraverso un tratturo in terra battuta o brecciato.
Il complesso, costituito da un insieme di locali con copertura a cono o a tetti spioventi, impiegati per le varie funzioni, si sviluppava attorno ad una gran corte che era il fulcro per lo svolgimento delle varie attività legate alla trasformazione dei prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento.
Essa, sul territorio di Noci, con il passare degli anni, fu migliorata ed ampliata. Accanto alla residenza del proprietario, nel diciassettesimo e nel diciottesimo secolo, sorsero: la chiesa rurale, l’abitazione del massaio affittuario, i locali per i salariati stabili e per i braccianti stagionali, i grandi caminetti, il forno, la casera, le stalle, i fienili, l’aia, le cisterne per la raccolta dell’acqua piovana e quant’altro poteva servire per soddisfare i bisogni della comunità che l’abitava.
Tanti secoli addietro, i pastori, sulla base delle caratteristiche collinari del territorio e delle sue risorse, svilupparono la pratica dell’allevamento. Accanto ai recinti di pietra in cui custodivano gli animali allevati, essi attuarono ripari e locali dove trasformare il latte nei suoi prodotti derivati, nonché alcuni ambienti (casere) per depositare i formaggi, affinché fermentassero e stagionassero.
Il focolare, costituito da un piano rialzato di pietra, a ridosso di una parete e al centro di un ambiente ampio in cui si svolgevano le attività diurne di cucina e di cagliata del latte, era sormontato da una cappa che indirizzava, verso la ciminiera, i fumi della combustione della legna che bruciava. Da quest’ultima pendeva la camastra cui, sopra la legna che ardeva, si sospendeva la caldaia. Sui due lati del grande focolare erano poste due lunghe panche fatte di robusto legno di quercia, poggiate sopra alcuni blocchi di pietra squadrata. Su queste panche ci si sedeva d’inverno, per rifocillarsi accanto al fuoco.
Il latte, munto negli jazzi e nelle stalle, per mancanza di centri di raccolta e trasformazione, dai pastori, era trasferito nel focolare e opportunamente cagliato per produrre il formaggio.
Il caglio, enzima comunissimo nel regno vegetale e animale, è capace di far coagulare il latte ad una temperatura tra i trenta e i settanta gradi centigradi, in rapporto alla sua origine e concentrazione.
I pastori, dopo aver riscaldato il latte ad una temperatura di 65-70°C, lo agitavano con un ramo di fico cui era stata incisa la corteccia affinché, il lattice che fuoriusciva, rimediasse a formare il coagulo.
Il coagulo, pressato e modellato nelle fasce o canestri fatti di paglia di lino, dopo la salatura, era depositato sui ripiani della casera. Questo locale, esposto a nord, ben arieggiato e imbiancato con latte di calce, permetteva di ottenere, dopo alcuni mesi, del buon formaggio nostrano e ottimi caciocavalli. Questi ultimi, così detti perché accoppiati con spago o rafia e tenuti a stagionare a cavallo di una trave di legno incastrata per gli estremi nella muratura.
La conduzione di una masseria che comprendeva grandi estensioni di terreno era concessa, dal proprietario, al massaio affittuario.
Un’altra forma di conduzione della masseria era la mezzadria, che prevedeva la divisione dei prodotti ottenuti tra il proprietario concedente e il mezzadro. Spesso, il controllo dell’operato del mezzadro, specie quando si doveva misurare e dividere il prodotto, era demandato al fattore, uomo di fiducia nominato dal proprietario a salvaguardare i suoi interessi.
 ESCAPE='HTML'

Cottura, nel pignatello di terracotta, delle fave spuntate.

 ESCAPE='HTML'
 ESCAPE='HTML'

Caldaia sospesa alla camastra.

 ESCAPE='HTML'