LA MOLITURA DEL GRANO

La molitura del grano è un'operazione mediante la quale le cariossidi di grano sono frantumate per originare la farina da cui si ottengono il pane e la pasta: alimenti di principale importanza per l’uomo. Gli Egizi utilizzavano il frantoio a sella che era formato da una pietra fissa, a base rettangolare e appena concava, su cui era mossa, manualmente, una seconda pietra di forma ovale, molto più piccola.
I Peucezi che da quasi cinque secoli a.C. abitarono Monte Sannace, in territorio di Gioia del Colle, usavano un mulinello in pietra lavica, costituito da un primo blocco fisso e un secondo, sovrapposto, mobile, dotato di un solco centrale attraverso cui lasciavano cadere le cariossidi da frantumare. Era azionato da due persone che spostavano la pietra superiore attraverso un movimento rettilineo alternato.
I Romani, nel primo secolo a.C., inventarono la macina a clessidra, la cui parte superiore era messa in rotazione da schiavi, inizialmente e, successivamente, nei secoli che seguirono, da asini.
Sino ai tempi dei nostri nonni era d'uso comune, nelle famiglie contadine, macinare il proprio grano in pile di pietra calcarea, per mezzo di una clava di legno di quercia o di pietra. Mortaio e pestello, oggi, sono pezzi rari, ancora rintracciabili in qualche vecchio trullo o in una delle antiche masserie delle nostre contrade.
Nel Medioevo fu inventato il mulinello rotante, costituito da due ruote di pietra, messe orizzontalmente l’una sull’altra. La prima pietra era fissa mentre, la seconda, era fatta ruotare manualmente.
Successivamente le ruote di pietra assunsero dimensioni più grandi e il mulino funzionò attraverso la forza degli uomini e degli animali da tiro.
Altrove, dove abbandonavano i corsi d'acqua, per far funzionare i mulini, i mugnai, sfruttarono l’energia cinetica dell’acqua. Nella ruota superiore, verso il centro, c’era un foro attraverso cui si lasciavano cadere le cariossidi che erano polverizzate dalle superfici rugose e a contatto delle due ruote, grazie al movimento rotatorio della pietra mobile.
Nei secoli passati, la comunità nocese viveva di risorse che offriva il territorio e di prodotti della terra e dell’allevamento che otteneva attraverso il proprio lavoro, in quanto gli scambi commerciali con altre comunità della zona riguardavano solo generi di natura diversa.
Ogni famiglia, nei mesi del raccolto, faceva riserva di derrate alimentari necessarie per il proprio sostentamento. Al momento del bisogno, il capo famiglia, trasferiva piccoli quantitativi di grano, orzo e ceci, questi ultimi tostati, presso di uno dei tanti piccoli mulini a pietra, situati nel nucleo abitato, per farsi produrre dal mugnaio, farina per panificare e pastificare in casa e farinella da consumare direttamente con verdure cotte e con fave spuntate.
La farinella, a base di ceci e orzo tostati e ridotti in polvere tra le pietre molitorie, per tanti secoli, è stato uno degli alimenti di base delle povere persone che abitavano la nostra Noci.
Nelle bisacce dei vari braccianti che trascorrevano intere giornate nel lavoro dei campi, erano sempre presenti alcuni fichi secchi e un poco di farinella. Quest’ultima era il companatico che aggiungevano alle fave spuntate che consumavano al momento del pranzo, cotte la sera precedente e messe in una ciotola di terracotta.
Verso la fine del secolo diciannovesimo, con la messa a coltura dei terreni demaniali da parte dei vari proprietari terrieri, la produzione dei cereali aumentò e invogliò alcuni imprenditori locali a impiantare i primi mulini meccanici che funzionarono a mezzo dell'energia potenziale del vapore. Si ricordano il “Centimolo a vapore” di Ragone, la “Macchinetta” del Carbonara e la “Macchina” di Nicola de Tintis.
Nel nostro secolo, verso gli anni cinquanta, entrò in funzione il mulino a cilindri del Papanice, azionato dalla corrente elettrica.
Nei giorni odierni, di tutti questi molini, rimangono alcuni ruderi abbandonati a se stessi o stabili recuperati per altri usi.
Un piccolo molino che funziona a corrente elettrica, ma che in passato veniva azionato dalla forza motrice di una trattrice, è ancora attivo nella masseria la “Mandra”, in territorio nocese. Una volta la settimana è messo in funzione per macinare piccole quantità di grano duro per ottenere la semola grezza da impiegare per produrre la pasta fresca fatta in casa: orecchiette e cavatelli.

Molinello in pietra lavica, usato dai Peucezi.

Molino a sella, di origine Egizia.

Macina a clessidra, di età Romana.

Pestoio per cereali.

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Molinello rotante.

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Molino a trazione meccanica, con ruote poste orizzontalmente, l'una sopra l'altra.

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Molini a macine ruotanti.

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Molino meccanico che utilizzava l'energia potenziale del vapore.