COME VESTIVANO I NOSTRI AVI PER DIFENDERSI DAGLI EVENTI ATMOSFERICI

La caduta di pioggia, grandine o neve, il movimento di masse d’aria di una certa intensità, sulla superficie terrestre, sono fenomeni atmosferici abbastanza comuni durante i mesi invernali, alle latitudini in cui ci troviamo.
Il cielo, per svariati giorni, rimane velato dalle nuvole che non permettono ai raggi solari di riscaldare le terre che abitiamo, pertanto il freddo si fa più persistente e pungente, e costringe gli uomini a rintanarsi in ambienti chiusi e ben riscaldati.
I nostri avi, privi dei mezzi di locomozione, costretti a muoversi a piedi, si riservavano dal gelo indossando pesanti e lunghe mantelle di panno oscuro. Le nonne coprivano testa e spalle con larghe sciarpe di lana per spostarsi, frettolosamente, da una zona all’altra del paese.
Invece, quando le piogge erano intense, i giovani, quelli più fortunati, andavano a scuola indossando mantelline con cappuccio, di tela impermeabilizzata, di colore verdino o azzurro chiaro. Gli stivaletti completavano il corredo necessario per non bagnarsi e superare, senza difficoltà, i tanti rigagnoli d’acqua che, seguendo le quasi ripide pendenze delle stradine, confluivano verso gli avvallamenti per essere raccolte in vasche aperte o in cisterne chiuse, con volte di pietra.
I maestri, sopra le comuni scarpe, calzavano le salva scarpe impermeabili che toglievano appena giunti nei locali dell’edificio scolastico. I maestri, avevano l’abitudine di scaldare le mani al calore, sprigionato dalla combustione della carbonella che il bidello collocava nei bracieri. I maestri, appendevano paltò e scarpetta all’attaccapanni e conducevano i numerosi alunni, che costituivano la propria scolaresca, nell’aula in cui li avrebbero eruditi. Il maestro, per tutti gli allievi, era considerato una persona non comune, degna di rispetto e stima, perché insegnava i rudimenti necessari per entrare a costituire la società dei grandi. Il passato, nel ricordo di chi l’ha vissuto, per raccontarlo ai giovani e spingerli a riflettere, costruendo un avvenire che sia basato sulla logica del pensiero umano, di tutto quello che sia lecito e possibile, fruibile, e non incorrere nell'incapacità di costruire il proprio essere.
Le precipitazioni nevose, seppur non frequenti negli inverni del passato, originavano disagio e difficoltà nello svolgimento delle abituali attività degli abitanti del paese. Nella fase di liquefazione della neve, quando di notte la temperatura scendeva sotto lo zero gradi, si formavano tanti pinnacoli di ghiaccio, simili alle stalattiti delle grotte, lungo i terminali dei tetti pendenti a due falde delle case del nucleo storico, originando una realtà abbastanza caratteristica.
Nella campagna le gemme degli alberi spogli si rivestivano di ghiaccio e sembravano collane perlate offerte al cielo. Una realtà di paesaggi naturali fuori del comune, da cogliere e fissare nella mente come lo scatto di una foto.
Spazzini (netturbini), carrizzari (carraioli che ritiravano le acque luride), giardinieri (venditori ambulanti di verdura), lattari (venditori ambulanti di latte munto da poco), spalatori di neve ed altri operatori locali, entro grandi mantelline impermeabili, dotati di gambaletti di cuoio o di tela battuta per non bagnarsi i pantaloni, sotto lo scrosciare della pioggia, svolgevano il proprio lavoro quotidiano.
Una storia recente, di semplici quadretti di vita quotidiana, così comuni tra gli uomini che erano innanzi a noi.
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Noci: fontana monumentale coperta di neve e pinnacoli di ghiaccio.

Noci: un'abbondante nevicata, negli anni scorsi, disegna un paesaggio fiabesco in Largo Torre.

Prete con mantella.

Pastore con mantellina.

Mantellina incerata per ripararsi dalla pioggia.

Mantella di panno.