AIA PER LA TREBBIATURA DEL GRANO ESCAPE='HTML'

AIE CHE SI USAVANO, IN PASSATO, PER LA TREBBIATURA DEI COVONI DI GRANO

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Battitura delle piante dei legumi e separazione della pula.

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Aia vista dall'alto.

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MIETITURA E TREBBIATURA DEI CEREALI

La gente anziana, divagando, può rimembrare un passato diverso, ben diverso dal nostro modo di vivere. A giugno, sotto i cocenti raggi del sole, grondanti di sudore, squadre copiose di braccianti eseguivano la mietitura dei cereali con il falcetto.
Ognuno vestiva un corredo adatto alla circostanza: grembiale, paglietta per difendere il capo dalle insolazioni e ditalini di canna (i canneddère) per riservare quattro dita della mano sinistra da eventuali tagli nell’uso del falcetto.
Sin dall’alba i mietitori si avviavano al duro lavoro che si sarebbe concluso al calar del sole. Il riposo giornaliero era legato alle brevi sospensioni per consumare, sul posto, i frugali pasti: colazione, pranzo e merenda (ù muèzzeche).
Per colazione si mangiava pane bagnato, condito con sale e pezzetti di pomodoro, senza uso di olio, raro e pregiato. A mezzogiorno, i braccianti, oltre al pane e qualche cocomero, consumavano quello veniva messo da parte la sera precedente, in una scodella di terracotta. Il massaio o il proprietario dei campi, talvolta, ai pasti, offriva qualche bicchiere di vino e una fetta di formaggio.
Per dimenticare la stanchezza muscolare delle braccia, abbastanza provate, s’intonavano canti e si parlava di fatti e d'avvenimenti accaduti precedentemente.
Solo la sera, accanto ai trulli, seduti sopra sgabelli di legno di quercia, per un tempo breve, ognuno assaporava il tanto desiderato riposo, gustando la frescura al chiaro di luna. I bambini, dopo aver cercato un posticino accanto al papà o alla mamma per vincere il timore innato delle ombre notturne, accarezzati da una mano callosa, si addormentavano felici.
Nel mese di luglio, completata la mietitura, i covoni venivano caricati sui traini agricoli, per trasferirli accanto alle aie rurali dove, successivamente, si sarebbe tenuta la trebbiatura. Si affermava che si andava “accarrè”: a trasportare i covoni all’aia. Per le strade brecciate si notava un continuo movimento di carri agricoli trainati ognuno da uno o più cavalli e stracarichi di covoni messi oltre le sponde laterali: “a toppa”. L’addetto alla sistemazione dei covoni sul carro doveva innalzare la “toppa” con molta attenzione affinché non crollasse lungo il viaggio, sulle stradine bucate e solcate. Per maggiore sicurezza, il carico, era legato con due funi, dalla parte posteriore alle stanghe del carro.
Accanto all’aia, tutta pavimentata e delimitata da blocchi di pietra calcarea, si realizzavano le grandi biche, sistemando con perizia i covoni dal colore giallo oro, tanto da realizzare, per forma, una struttura simile a quella delle case a “pignon”, con due spioventi, affinché l’acqua piovana scorresse in superficie e non vi penetrasse.
In questi settori si richiedevano mani esperte. Attorno agli anni ’60, a Noci, era molto richiesto dai massai il signor Delfine Vincenzo che completata alla perfezione una grande bica, l’ammirava con orgoglio.
In seguito, sull’aia, si avviava la trebbiatura del grano attraverso il calpestio di buoi e cavalli che trainavano pietre tufacee per facilitare lo schiacciamento e la suddivisione dei fusti erbacei. La trebbiatura si realizzava con uno, due o tre animali secondo la grandezza dell’aia.
Completata la trebbiatura si raccoglieva il tutto al centro dell’aia e facendo affidamento su un buon vento, con forche di legno, si lanciava il prodotto verso l’alto per separare le cariossidi dalla paglia che essendo più leggera volava alquanto lontano dal mucchio centrale.
Alla trebbiatura, operazione che permetteva la raccolta dei frutti di tanto duro lavoro, durato quasi un anno, intesa come una festa, partecipavano piccoli e grandi. Alla fine dell’operazione, come tante formiche, ognuno con il suo carico, si trasferiva il grano nel magazzino e la paglia nei trulli per utilizzarla come alimento per gli animali domestici nei mesi invernali, quando era difficile condurli al pascolo. Per secoli la nostra civiltà contadina ha conservato tradizioni e consuetudini. Nei mesi estivi ogni famiglia trascorreva il proprio tempo nelle varie contrade, in campagna, a contatto con la natura, a quell'ambiente che noi oggi stiamo radicalmente modificando per incuria, per scarsa attenzione, per mancanza di rispetto. Non più incontri con famiglie che da Bari venivano a trascorrere qualche settimana di ferie sulla nostra collina, a correre per tratturelli e viottoli erbosi, a ballare sull’aia, ad assaporare la tranquillità delle serate al chiaro di luna, ma solo una corsa sfrenata verso mete che non ci soddisfano.
Mietitura con falcetto. Inizio del secolo scorso. ESCAPE='HTML'

Macchina mietitrice trainata da cavalli. Anni sessanta del secolo scorso.

Macchina mietitrice a traino animale.

Traino carico di covoni.

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Trasferimento dei covoni all'aia.

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Trebbiatura sull'aia.

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