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Le masserie fatte di pietra calcarea.

Nella realtà territoriale che abitiamo, sui sentieri che giornalmente percorriamo per svolgere il proprio lavoro, tante sono le pietre che incontriamo e su cui, qualche volta, inciampiamo. Sassi che sono simili, per natura, a quelle pietre che i nostri avi hanno fatto proprie per quantificare le lunghezze stradali, per incidere scritte da tramandare ai posteri, per edificare chiese, monumenti e case tipiche della nostra terra, per costruire muri a secco, necessari per delimitare e arginare il terreno delle colline, per lastricare piazze e marciapiedi dei nuclei abitati su cui camminare speditamente, sostare in comunione, incontrarsi per desiderio di rivedersi, di sentirsi vivi.
Pietre miliari, pietre sepolcrali, pietre per segnare il tempo che fu degli uomini, pietre dure come le nostre parole quando vogliamo fare male, pietre che vorremmo lanciare contro i nostri nemici: tutte pietre della nostra vita.
Attraverso le pietre, nelle pietre, gli uomini hanno scritto la storia, hanno tramandato ai posteri i propri segni, la presenza, il proprio modo d'essere abitanti di un luogo.
Risorsa immensa che ognuno ha manipolato, smussato, sagomato e incavato per farne il prodotto del suo progetto di testimonianza.
Oggi, con le pietre immaginarie, costruiamo muri attorno a noi per isolarci, per non più comunicare agli altri i nostri pensieri, i nostri sentimenti. Continuiamo ad impoverirci dentro mentre, le pietre lavorate, sempre più segnate dal tempo, rimangono a guardarci, ad essere silenziosa ricchezza.
Recuperiamo i nostri centri storici, i palazzi, le piazze, i vicoli, i valori che furono progetto di vita di tanti uomini. Ritorniamo sui nostri passi per meditare e riscrivere la storia.
Le masserie con i tetti a due spioventi e le mura tutte bianche, perché pitturate con latte di calce, le lunghe file di trulli a schiera in cui si custodivano animali e derrate per bestie ed uomini, il gran trullo che conteneva la paglia che era stata calata ed ammassata dalla vetta del cono, dopo aver sollevato un’ampia lastra di pietra che fungeva da chiusura superiore del vano, la grand'aia di pietra su cui si praticava la trebbiatura dei cereali e delle leguminose, le tante fogge per la raccolta dell’acqua piovana, i giardini circondati da elevati muri a secco, in cui si coltivavano alberi da frutta e ortaggi, sono, in buona parte, i ricordi più consolidati dell’infanzia di tante persone che, nei giorni odierni, hanno maturato una certa età.
Fu proprio la pietra calcarea che si staccava a strati dalla roccia madre e che poneva ostacolo alla coltivazione delle piante che gli uomini usarono per circoscrivere i terreni coltivati e per realizzare recinti per la custodia delle greggi.
Attraverso la costruzione dei tanti muri a secco gli uomini migliorarono le proprie competenze e poterono edificare le prime tipologie abitative a trullo.
I trulli hanno costituito un valido riferimento per la costruzione delle masserie in pietra con tetti spioventi: tipiche costruzioni del nostro territorio che iniziarono a fiorire attorno al 1600.
La masseria fu intesa come insediamento umano e produttivo di beni di prima necessità per uomini ed animali.
Gli uomini presero come esempio i trulli a schiera, intercomunicanti tra loro e utilizzati come ricoveri per animali e iniziarono a edificare vani abitativi a base quadrata o rettangolare che completarono con un tetto detto a “pignon”, cioè con due spioventi, simile a quello dei trulli per struttura e materiale (chiancarelle) e per la stessa funzione, ovvero faceva defluire l’acqua piovana verso le scoline in pietra e da qui, per mezzo di canaline verticali, di terracotta, fino alla cisterna scavata nel sottosuolo.
Il tetto a “pignon” fu sostenuto inizialmente da travi lignee, poi da una volta a botte realizzata di pietra e alla fine della sua evoluzione fu arricchito con soppalco ligneo e finestre sulle testate. Questi grandi “lamioni” furono utilizzati per abitazione, per deposito di foraggi e come stalle.
Sul soppalco, raggiungibile a mezzo di una scala a pioli, si conservavano le derrate alimentari (legumi, cereali, frutti secchi, olio ed altro) necessarie per l’autosufficienza della comunità che abitava la masseria.
I nostri massai, da sempre, hanno posseduto vaste competenze nel settore dell’allevamento del bestiame e in quello della lavorazione dei terreni per produrre cereali, legumi e piante foraggere.

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