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Oggetti di legno prodotti attraverso l'intaglio.

Sporta fatta con paglia di grano.

Sportaro  che trasporta fasci di canne da mettere in opera.

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LO SPORTARO

Nei sottani, bui ed angusti, del nucleo storico di Noci, ma anche nei paesi limitrofi, gli artigiani lavoravano i prodotti della terra, per ottenere manufatti utili al normale svolgimento della vita quotidiana.
Ogni laboratorio, inteso anche come bottega, perché luogo d’acquisto degli stessi prodotti, specie quando non erano in vendita ai mercati e alle fiere, era il luogo in cui ogni artigiano si applicava con una specifica manualità, per ottenere oggetti d’uso comune. Cestaio, sportaio, intagliatore di legno per ottenere utensili da cucina, per rimestare le minestre o per rivoltare e lavorare i prodotti della caseificazione, possono considerarsi, oggi, attività artigianali in estinzione.
Gli utensili di legno venivano utilizzati dagli stessi massai e pastori che, producevano formaggi nelle cucine dell’azienda, lavorando la pasta, specie se dovevano produrre caciocavalli. Invece, i cesti in vimini, di varie dimensioni, dotati di manici per essere sospesi alle braccia o ai manubri delle biciclette, erano impiegati per il trasporto della frutta, specie ciliegie, fichi fioroni, pere, fichi ed uva, frutti tipici della nostra terra.
Le sporte, di paglia o di canne, erano utilizzate per conservare frutta in magazzino o essiccarla ai caldi raggi del sole. Ad esempio, fichi e pere sono stati i più comuni frutti che i nostri nonni lasciavano essiccare al sole, disponendoli sulle sporte, dopo averli spaccati per facilitare l’evaporazione dell’acqua.
Le sporte di paglia si ottenevano intrecciando i fusti del grano e quelli delle graminacee spontanee che, rigogliose, quando abbondavano le piogge primaverili, crescevano lungo i bordi delle tante strade bianche e polverose della nostra campagna. Lo sportaio, nel mese di luglio, raccoglieva da sé i fusti erbacei essiccati, eliminava le spighe e con il resto formava dei fasci che conservava nel proprio laboratorio, sino al momento dell’impiego.
Mastrangelo Paolo è un anziano signore che si dedica, ancora oggi, in un monolocale del centro storico di Putignano, alla produzione di ceste di varia dimensione e d'oggetti di legno intagliato.
Il legno dell’olivastro e quello della Fillirea, entrambe piante spontanee che crescono fra le querce dei nostri boschi, era impiegato dai vari intagliatori per modellare oggetti, usando come utensili di base un coltello a lama curva: “a runcédd”, uno a lama arrotolata, per incavare, e un’ascia curva per smussare il pezzo di legno.
La Fillirea (Phillyrea latifolia L.), della famiglia delle Oleacee, è una pianta sempreverde, legnosa, con portamento cespuglioso o ad alberello, nota come Liliastro e, comunemente, come “Pecherédde”, perché delle sue foglie opposte e di colore verde brillante n'erano ghiotte le pecore e le capre che i pastori conducevano al pascolo fra la macchia. I fiori bianchi, riuniti in corimbi ascellari, davano e danno frutti a drupa di color porpora o nero.
IL signor Mastrangelo, come pochi altri artigiani, sono gli unici che possono risvegliare, in parecchi di noi, i ricordi di un passato non tanto lontano in cui bisognava ingegnarsi per mettere insieme quel tanto che bastava a sopravvivere.
Ogni tipo di materiale naturale, raccolto in particolari momenti dell’anno, era buono per essere trasformato in beni utili all’uomo.
Fichi messi sulle sporte, ad esiccare attraverso l'energia solare.
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