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I BOSCAIOLI

Il carbone di legna, combustibile tanto comune per l’uso che se ne faceva in passato per cuocere i cibi e per riscaldare gli ambienti domestici, viene ancora oggi prodotto in alcuni luoghi sperduti della nostra murgia con il sistema delle “carbonaie” dagli ultimi boscaioli, ormai anziani, che hanno, con sacrificio, dedicato una intera esistenza a questa attività.
Il carbone vegetale si produceva nei boschi di Noci attraverso la parziale combustione di legna di quercia per essere poi bruciato nei caminetti o in particolari contenitori di metallo, detti bracieri. Il carbone essendo privo di umidità, quando era bruciato negli ambienti familiari, aveva il vantaggio, rispetto alla legna, di non originare fumi e odori cattivi.
Questo combustibile, in buona parte sostituito nell’ambiente domestico dal gas metano e dai fornelli elettrici, è ancora bruciato per cuocere carne alla brace e pizze, oppure utilizzato come filtrante, decolorante e disinfettante d'acque, perché dotato di un elevato potere assorbente.
E’ un combustibile di colore nero opaco, leggero e poroso, brucia con fiamma corta e di colore azzurro, sviluppa dalle 6500 alle 7500 kilocalorie.
I nostri boschi di fragno puro o consociato con altre specie, fonti di risorse energetiche e quindi luoghi d'occupazione umana, sono sottoposti al taglio periodico che avviene ogni quindici anni e pertanto sono detti “boschi cedui”.
Il taglio delle piante che è eseguito al colletto (piano del terreno), dai boscaioli si attua nei mesi in cui le piante sono a riposo vegetativo, cioè inizia il primo ottobre dell’anno in corso e si esaurisce il trentuno marzo dell’anno successivo. Questo periodo, della durata di sei mesi, è meglio conosciuto come “anno silvano”. Il controllo dei boschi è demandato alla guardia forestale che fra l’altro provvede a segnare le piante migliori, dette madri o matricine, che non saranno abbattute dai boscaioli, ma rimarranno, in ordine sparso, a dominare tra i nuovi polloni che germogliati dalle ceppaie delle piante abbattute, riformeranno la macchia boschiva.
Dopo il taglio delle piante, per permettere la crescita dei polloni, il bosco viene chiuso per tre anni al pascolo dei greggi e per sei anni a quello dei bovini e degli equini. Il “Corpo Forestale” locale vigila e cerca di far rispettare quanto detta la legge di Stato. La legge, fra l’altro, prevede che per ogni ettaro di bosco possono pascolare un bovino o un equino oppure cinque ovini. Mentre gli animali domestici possono arrecare danno al bosco quando pascolano, il “taglio periodico”, ogni quindici anni, è utile perché così si allontanano le piante malate e secche, si permette una crescita migliore delle piante rimaste e naturalmente si rigenera la vegetazione.
Oggi, dei boschi demaniali costituiti da maestosi alberi di quercia è rimasto ben poco, alcuni di loro, di proprietà privata, non sempre sono tenuti in buona considerazione.
I nostri boschi di fragno che sino a pochi anni addietro sono stati fonte di lavoro per boscaioli, carbonai, fornaciai, carrettieri e quanti altri in essi si recavano per approvvigionarsi di quello che la natura offriva, sono da tenere in piena considerazione dalla nostra comunità tutta. Parecchia storia locale, i nostri avi l'hanno scritta nei boschi con il sudore del lavoro incondizionato, con gli stenti, con i sacrifici.
La mancanza di mezzi di trasporto veloci, il tipo di lavoro che a volte richiedeva anche l’impegno notturno, la più o meno elevata distanza dei boschi da Noci, non permetteva ai boscaioli di fare ritorno quotidiano alle proprie dimore e pertanto in loco, i vari addetti, badavano a costruirsi un pagliaio (capanna improvvisata) per riposarsi e per ripararsi dalle intemperie invernali.
Il pagliaio, con copertura ad un solo spiovente leggermente inclinato, si realizzava con l’impiego di pali ricavati in luogo che venivano infissi per un estremo a forca, per bloccare le travi su cui si poggiava la copertura con rami ricchi di foglie per trattenere uno strato di terra e cenere che non doveva permettere all’acqua piovana di cadere all’interno dell’abitacolo.
La tettoia era chiusa con fascine e pietre che, ordinatamente accatastate, originavano un vano cui si accedeva attraverso un varco. Sulla terra nuda, per impermeabilizzare la superficie, si collocava della cenere frammista a pezzettini di carbone, poi delle frasche e infine alcuni sacchi semipieni di paglia di grano che dovevano fungere da pagliericcio.
Il pagliaio era il luogo di ritrovo serale dei lavoranti: al lume di una lampara a petrolio consumavano la misera cena e chiacchieravano dei fatti della vita, per poi abbandonarsi, esausti, sugli improvvisati giacigli.
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